Teatro

Gabriele Vacis racconta Tre Storie d’Acqua

Gabriele Vacis racconta Tre Storie d’Acqua

La regia è inconfondibile, Gabriele Vacis è uno dei vanti del nostro teatro contemporaneo italiano. Non perdetevi la sua ultima chicca, Viaggiatori di Pianura al Teatro dell’Elfo di Milano fino al 9 aprile, scritto assieme a un eccellente Natalino Balasso che sale in scena accanto alla grande Laura Curino e a una coppia di giovani attori, Liyu Jin e Cristian Burruano, entrambi perfetti nel loro ruolo. Con un gioco di schermi fissi e uno in movimento, poltroncine che ruotano allegramente, bella musica, si crea l’illusione di un viaggio in treno dove quattro persone si incontrano e raccontano una loro esperienza drammatica. La Curino parlerà della tragedia del Polesine, quando il Po ruppe gli argini nel 1951 e portò il lutto in tantissime famiglie. Balasso è un musicista jazz che va a suonare a un festival e racconta cosa gli era capitato a New Orleans quando, a causa dell’uragano Katrina, era morto il suo più caro amico, uno della sua band. Il più giovane rivela che faceva l’animatore in un villaggio turistico indonesiano quando lo tsunami del 2004 spazzò via tutto, provocando oltre 300 mila morti. La ragazza cinese, che frequenta l’università e deve scrivere una tesi, racconta la sua ‘teoria della catastrofe’: il sistema odierno preferisce ricostruire dopo le tragedie piuttosto che agire in modo da prevenire i danni che possono accadere su quanto si sa, ma non si dice. Ovvero, curare è più conveniente, nonostante i tanti morti, piuttosto che impedire che la gente costruisca case e ponti nei luoghi sbagliati, dove dovrebbe essere semplicemente vietatissimo farlo. E questo vale in tutto il mondo… Gabriele Vacis, come sempre gentilissimo, ci racconta i retroscena. Complimenti come al solito, bellissima esposizione di fatti che inducono a pensare. Bravi tutti, anche il giovane ragazzo, molto nella parte! Sì, Cristian Burruano ce lo stiamo coltivando come un fiore. La Curino, nella parte della più anziana, è stata truccata a livello cinematografico e totalmente cambiata. Come nasce questo spettacolo? Viaggiatori di Pianure, all’inizio nasce con l’idea di fare uno spettacolo con Natalino Balasso. Ci siamo visti e abbiamo cominciato a scrivere. Poi mi è venuta in mente la storia di una profuga del Polesine, quindi ci ha preso la voglia di spaziare nel tempo e nello spazio: viviamo nella globalizzaziore e un animatore italiano può trovarsi coinvolto nello tsunami o i figli di veneti possono essere coinvolti nell’uragano Katrina. Come mai hai scelto di lavorare con Balasso? E’ un grande attore e viene voglia di scrivere per lui. Come molti comici è un po’ relegato nel ruolo di comico cabarettista, ma Natalino ha la capacità di fare ben altro e con lui è iniziato un processo, dalla ripresa di Libera Nos, tratto dal libro di Luigi Meneghello e realizzato nel 1989 con Marco Paolini. Lo spettacolo aveva girato per anni ed è stato proprio Paolini a farmi conoscere Balasso. Loro due erano amici già prima. Io lo vedevo solo in tv e non sapevo che sapesse fare altro, ma Marco mi ha detto che era un attore straordinario. Forse proprio lui ha avuto l’idea di fare Libera Nos con Balasso. Perbacco, così è nata una nuova stella! Da allora abbiamo collaborato assieme e Natalino, che è una persona seria, affidabile e vuole allargare i suoi orizzonti, fa parte del nostro gruppo. I suoi successi televisivi non li rinnega ma credo abbia voglia di fare altro. Quindi l’altra estate ci siamo presi una casa a Levanto, sul mare e ci siamo messi a scrivere lo spettacolo. In una casa sul mare a parlare d’acqua, l’ambiente giusto. Queste ‘Tre Storie d’Acqua’ sono farina del vostro sacco, insomma? Il testo è nostro. Io sono abbastanza abituato a scrivere con gli attori, come ho fatto con Paolini, con Lella Costa o Laura Curino, che qui è solo interprete. Quella era una vecchissima idea che io avevo, su una storia dell’alluvione in Polesine, sempre rimasta nel cassetto e quando è uscita questa possibilità di lavorare con Balasso mi è tornata in mente. Sta girando da molto? E’ in giro da un po’. Ha fatto parecchie repliche e continua ad andare in tournée, credo sarà in Veneto e in Piemonte, anche perché sta andando molto bene. Beh, qui all’Elfo c’è stato un applauso di quasi cinque minuti, alla fine. Applausi tripli rispetto alla norma, sì. Sono tre storie che abbiamo voluto concentrare per renderle un incontro fortuito in un treno. Non dura molto, lo spettacolo ma, quando un viaggio diventa interessante, sembra sempre che duri poco. Se incontri una persona interessante, il viaggio diventa brevissimo o altrimenti non finisce mai. Cosa prepari per il futuro prossimo? C’è un viaggione davvero impegnativo, con il Teatro Nazionale Palestinese, il Palestinian National Theater. Da un anno sto lavorando su un progetto per la Cooperazione Internazionale del Ministero degli Esteri e l’Eti e abbiamo costruito una scuola a Gerusalemme est. Ho fatto il pendolare da casa mia a là e abbiamo costituito una vera e propria scuola, all’interno del Teatro. Naturalmente spero me la intitoleranno. Abbiamo lavorato sulla formazione dei maestri, che sono bravissimi attori palestinesi e abbiamo fatto una scuola estiva, da giugno ad agosto 2008 ed è andata benissimo. Poi Maurizio Scaparro ci ha invitato alla Biennale del Teatro e a novembre 2008 siamo andati con gli studenti palestinesi. Cosa gli fate fare? Stiamo lavorando su Amleto. Partiamo da quello perché contiene elementi come la vendetta, il rapporto col padre e poi abbiamo inventato le storie che loro volevano raccontare. C’era da fare un saggio e ognuno ha raccontato una storia, purtroppo spesso autobiografica. Una selezione di questi ragazzi verranno ad Alessandria perché io sono anche direttore artistico del Teatro Regionale Alessandrino e la selezione estiva verrà i ragazzi venire a fare un secondo anno qui da noi, insieme a ragazzi italiani, per tutto il mese di giugno. Poi alla fine faremo un saggio. E poi? A Gerusalemme est ci sarà un nuovo primo anno, mentre chi ha già fatto il primo anno sarà scelto fra i promossi: erano 36, noi ne porteremo una decina. Giovani attori fra i 18 e i 24 anni, faremo una selezione per vedere chi potrà venire. Vedi cose impressionanti. Abbiamo due ragazzi che vengono da Hebron e avevano il lasciapassare ma non da subito, così prima di averli, passavano da sotto le fogne, rischiando parecchio, capisci, per venire a scuola. Li abbiamo presi subito, anche perché sono bravissimi. Purtroppo solo uno è stato promosso ma è venuto a Venezia per la Biennale. E’ dovuto partire da Hamman perché quelli di Hebron hanno obblighi differenti, sono venuti da soli con una cooperatrice. Insomma ho visto di tutto, però sono posti meravigliosi, pieni di storia e di fascino. L’uomo, invece, ne ha fatto una rovina. Come mai hai smesso di dirigere Lella Costa? Con gli attori con cui ho lavorato mantengo rapporti di amicizia ma sono uno che si annoia facilmente e ci devono essere delle ragioni per mantenere dei rapporti. Con Lella c’è stato un lungo percorso ma non deve essere un’abitudine: se abbiamo bisogno di farlo, lavoriamo assieme, come con Baricco. Abbiamo fatto pezzi di percorso assieme, ma ci deve essere una necessità. Adesso, per esempio, per l’inaugurazione di Zio Vanja, al Carignano, abbiamo quasi rimesso in piedi il vecchio Teatro Settimo e, per la prima volta, ho fatto una vera messa in scena di Checov, con Laura Curino, Lucilla Guagnoni, Eugenio Allegri. Non vedo l’ora che arrivi a Milano. E i due giovani? Christian è molto bravo, con lui continueremo a lavorare, credo che scriveremo apposta qualcosa per lui. Ha 21 anni e per lui farsi una tournée con la Curino e Balasso credo che sia una grossa occasione di formazione, come per la ragazza, Liyu Jin. Come te la cavi col privato? Praticamente tutta la mia famiglia si occupa di teatro, come mia moglie che lavora con me, poi ho una figlia di 22 anni che invece si occupa di cinema, fortunatamente e non di teatro. Così va tutto bene, direi da sempre.